Di primo acchito il nome Sommarovina non apre il cuore alla speranza, né fa presagire grandi bellezze paesaggistiche e ambientali. La realtà è meno catastrofi ca perché il toponimo non indica una grandissima rovina, ma un paesino posto alla sommità di un pendio franoso, così come Cimaganda o Sommaganda, com’era anche detto nei secoli passati, indica un abitato situato alla sommità di una “ganda”, cioè di massi franati. In dialetto è Samaroìna, dove la “u” del latino “summa” è diventata “a”, come del resto è avvenuto per Samòlaco da “summus lacus”. A dispetto del suo nome, Sommarovina è in una posizione invidiabile, panoramica come pochi paesi in valle: di lassù si domina tutta la Bregaglia italiana e molta parte del piano. Situato com’è a mezza costa della pendice delle Lepontine, a quota poco inferiore ai 1000 metri, fu abitato permanentemente a partire dalla metà del ‘400, quando da alpeggio stagionale divenne luogo stanziale, spopolandosi solo cinque secoli dopo, nell’ultimo dopoguerra. Oggi è luogo di villeggiatura e le antiche abitazioni, che fanno corona alla chiesa di San Giacomo benedetta nel 1667, sono diventate seconde case. Qui l’emigrazione fu particolare sia per la sede, che per il tipo di lavoro svolto. Gli abitanti seguirono prevalentemente la via di Vienna e dintorni, dove fecero gli spazzacamini, non diversamente da quelle di alcuni paesi svizzeri nella valle a occidente. Basta visitare il raccolto cimitero per rendersene conto. Le iscrizioni “consecrato dai patriotti / nell’Austria ed Ungheria / anno 1886”. La cappella al centro, costruita nel 1768, fu decorata con il Giudizio Universale probabilmente da Giovan Giacomo Rieg di Somvix nei Grigioni, un lavoro ingenuo, quasi naïf, ma signifi cativo, che è appena stato restaurato a spese del 36 Centro studi storici valchiavennaschi.
Patria degli spazzacamini d’Austria
a cura di Guido Scaramellini
Testo a cura di GIANLUCA DE FLORIO
foto di MICHELE IOSI
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