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La panchina perfetta

Viaggio alla scoperta di luoghi emblematici del territorio, dove mettere una panchina, per godere un panorama unico. Meglio se in compagnia di persone speciali.
 
"Passiamo la nostra vita”, ha detto il drammaturgo premio Nobel, Samuel Beckett, “cercando di riunire nello stesso istante un raggio di sole e una panchina libera”. Baciata dal sole, la mia panchina libera sarebbe modesta. Semplice, in legno, non verniciato con qualche scheggia casuale. E non troppo comoda. Tre assi per la seduta con altri due che creano lo schienale. Giusto lo spazio per due persone, forse. La immagino lontano dal traffico, davanti ad un panorama meraviglioso e con il tintinnio dell´acqua che scorre in sottofondo. La vorrei sopra il paese di Montespluga lungo la strada per il Bivacco Val Loga (ex Cecchini) a 2750 metri. Già la vedo: il Pizzo Ferrè con il suo imponente ghiacciaio e il Pizzo Tambò, dominano e sfidano i più audaci. Ma dalla mia umile posizione, con “le Alpi immortali che guardano in basso”, come dice Emily Dickinson, si vedono i pascoli della Val Loga con il ruscello che scende e - dal mio punto di vista su un piccolo tratto pianeggiante - lo sguardo corre fino al lago con la diga sullo sfondo e la gola del Cardinello ad attendere. Una vista sublime.

La parola panorama ha origine greca, ma qui è quasi come se fosse stata coniata apposta per le nostre valli alpine. In passato i poeti romantici Byron e Shelley e l´artista Turner rappresentaroro i loro viaggi attraverso l´arco alpino con versi e schizzi. E sedendo di nuovo sulla mia umile panchina immaginaria, ecco che emergono spontanei molti ricordi personali degli ultimi decenni. Perdonerete la mia indulgenza. Ma non è questo lo scopo delle panchine? Suscitare i ricordi. Perché le panchine fanno parte di tutte le nostre storie.
Un´esperienza altamente personale, ma comunque collettiva.
E c’è qualcosa di piuttosto attraente nell’idea di una panchina libera: il piacevole svago di pochi minuti. Un attimo romantico, mano nella mano, per quel primo bacio. Promesse fatte e mai mantenute. Un incontro inatteso che ha ispirato. O magari qualche morso ad un panino fatto in casa e condiviso con le anatre. Contemplazione tranquilla al sole o all´ombra con un libro. Un posto dove salutarsi, dove incontrare altre persone.
 
Oppure no. E naturalmente - ciò che ci interessa particolarmente oggi - il luogo dal quale godere di “una visione completa” - una combinazione del greco per “tutto” e la “vista o spettacolo, di ciò che si vede”. A tal proposito, la Valchiavenna e i suoi dintorni offrono una miriade di opportunità. I chiavennaschi sono rinomati per la loro accoglienza calda e generosa: ognuno di loro ha la propria idea di panorama perfetto. Chi visita la Valle Spluga, la Valchiavenna o la Val Bregaglia non dovrebbe concludere il proprio viaggio senza porre una semplice domanda alla gente del posto: qual è la tua panchina perfetta?
Ecco allora ho pensato di selezionare alcuni luoghi suggestivi, facili da raggiungere, che vi propongo di seguito.
 
Il Belvedere di Chiavenna è sicuramente una scelta apprezzata per comodità e accessibilità. Situato poco sopra l´abitato di Chiavenna, è raggiungibile a piedi tramite una mulattiera composta da una lunga serie di scalini. Il percorso si addentra dolcemente nel bosco di castagni che si apre sul prato-terrazzo a 470 metri di altezza. Da qui si gode una magnifica vista sulla vallata, offrendo una nuova prospettiva sullo sviluppo della città. Sul versante opposto della valle, Pianazzola propone una vista irresistibile con i suoi vigneti distesi sul ripido pendio sottostante, dominati più in alto dalla croce di legno di Dalò. Lo sguardo corre poi sullo sbocco della Valle Spluga fin giù dove la pianura della Valchiavenna comincia ad allargarsi. 
 
La Torre di Segname - situata sulla mezza costa tra Gordona e San Pietro
di Samolaco - attirerà sicuramente la vostra attenzione. Soldati di sentinella,
fumo e fuoco: un tempo erano gli elementi chiave della sua storia, che si sviluppa intorno alla metà del 1100. Quassù viene spontaneo pensare a quale fosse la giornata della vedetta in cima alla torre di pietra, mentre soffiava sulle sue mani e batteva i piedi per proteggersi dal freddo. La sua origine è antica e risale al cuore dell’oscuro Medioevo, forse anche prima, quando le valli alpine erano piene di torri di guardia per lanciare l’allarme all’arrivo degli invasori. Qualsiasi passaggio di truppe sul fondovalle, fossero grigionesi o francesi, poteva essere trasmesso con segnali di fumo di giorno o col fuoco di notte, dal castello di Chiavenna fino a Milano, si dice, in meno di un´ora, da torre a torre. Raggiungibile a piedi partendo dalla località Boggia a Gordona, la torre - restaurata nel 1999 - regala un´attraente prospettiva sulla vallata circostante. A nord il  Passo della Forcola, poi Chiavenna e la sua vasta pianura; l´ingresso alla Val Bregaglia e Valle Spluga, e dritto verso est il prepotente Pizzo di Prata che conserva la sua vista senza tempo. Si intravedono le vette della bassa Val Codera e della Valle dei Ratti, mentre a sud si osservano la bassa Valchiavenna, il Lago di Mezzola e l´Alto Lario.
 
“Su una collina lontana c’era una vecchia e robusta croce”. È la riga di apertura di un vecchio inno, "Giorni di scuola". E se quel particolare scribacchino di inni del XIX secolo avesse avuto bisogno di ulteriore ispirazione, avrebbe potuto salire da San Giacomo Filippo, lungo la via che raggiunge Dalò. Oggi la croce è accessibile anche in macchina. Oppure attraverso una stimolante escursione a piedi lungo una mulattiera ben tenuta che parte da Pianazzola. Sì, Dalò. un nucleo di case adagiate su un balcone erboso all´incrocio di tre valli (Val Bregaglia, Valle Spluga e la Valchiavenna). Il posto offre una vista impagabile. Il nucleo è formato da una spolverata di baite ben restaurate e da una pittoresca chiesetta bianca, circondati da prati verdi rigogliosi. Dietro la chiesa, il dolomitico Pizzo di Prata forma uno scenario impressionante.
 
Miti e leggende circondano il paese di Foppaccia sopra Verceia (1020 - 1090 m). Sulla chiesa di Sant’Anna sono raffigurati uccisori di draghi e nel folklore locale sono presenti soprattutto streghe malvagie nella vicina Val Priasca, un affluente della Valle dei Ratti: ripida, aspra, selvaggia. Si dice che San Giorgio - patrono dei cavalieri - sia sepolto lungo la strada. Il tutto è immerso in un magnifico alpeggio costituito da vasti prati un tempo occupati da bovini, pecore e mucche. È un ambiente idilliaco in cui il microclima incoraggia i ciliegi a fiorire tempestivamente. E anche romantico: panorami impareggiabili abbracciano l´intero lago di Novate, la piana di Chiavenna e la bassa Valle dei Ratti il cui versante settentrionale è coronato dalle eleganti vette di Punta Redescala (2304 m), del Sasso Manduino (2888 m) e Punta Magnaghi (2871 m). Con un binocolo potrete osservare la Torre di Segname dall´alto e forse anche avvistare qualche avifauna esotica a riposo sul sottostante Pian di Spagna.
 
“La chiesa sulla collina” starebbe perfettamente su uno scaffale occupato dalle opere complete di Thomas Hardy ambientate nella campagna rustica a sud dell’Inghilterra. Siamo invece nel comune di Samolaco a Sant’Andrea al Colle con le sue splendide distese verdi a 400 metri di quota. Accanto alla chiesa c´è un epico campanile alto circa 30 metri, la casa parrocchiale e un minuscolo cimitero. Il percorso sale dalla frazione di Era nel fondovalle e attraversa la via Crucis, con le sue numerose edicole risalenti alla metà del XVIII secolo. Ma la collina stessa che si erge fiera nella sua posizione solitaria è davvero particolare. Una volta in cima ci accolgono castagneti, muri in pietra, tetti in ardesia e i tipici ballatoi in legno un tempo ricoperti di pannocchie di mais giallo brillante, lasciate ad asciugare. Una scena pastorale perfettamente intonata per un acquerellista. E nel tipico stile di Thomas Hardy, il destino ha sicuramente giocato un ruolo nella sua storia quando la nuova chiesa di Era portò all´abbandono e addirittura alla spoliazione della vecchia chiesa sulla collina.


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